Tab Article
Pochi poeti come Juan Gelman hanno attraversato disperazione e orrore. Il lettore di questa sua nuova grande raccolta se ne accorgerà subito. Conoscerà una sofferenza che niente può placare, perché "non ci sono farmacie dell'anima", e si chiederà con l'autore se "non / scrissero mai la parola bontà / nel libro del mondo". Eppure pochi poeti come Gelman, definito da tempo "voce poetica dell'Argentina", comunicano tanto amore per la vita e per la poesia. Vita, pietà, gioia si incarnano spesso in immagini di bambini, che piangono, che mendicano, che giocano, che sognano, che provano desideri innocenti, che vanno alla scoperta della meraviglia delle cose. E tanti sono i poeti convocati fraternamente pagina dopo pagina: Auden, Rilke, Hölderlin, Dante, Cavalcanti, Kavafis, Celan con la sua morte per acqua, Brodskij con il suo esilio, il "compagno" Cernuda con il suo ricordarci "la nobiltà umana". Più volte poi viene evocato Catullo. Così Gelman, questo poeta civile, così attento al riscatto dell'uomo dagli abissi della crudeltà della storia, diventa poeta d'amore: si interroga con Catullo su che cosa sono i baci, sul senso dell'amare e dell'odiare insieme, e scrive versi semplici, eterni, bellissimi come questi: "Non so perché ti amo. / So che per questo ti amo".